3 Tappa dal rifugio Forni (2178 mt slm) al parcheggio di Niblogo (1600 mt slm)
Terza ed ultima tappa del giro del confinale, la più dolce delle tre, ma dipende da quante deviazioni hai fatto rispetto al giro ufficiale, come nel mio caso ad esempio!
Mi alzo alle 7:00 e con calma mi reco a fare colazione, dove ovviamente incontro i miei due compagni d’avventura la E. e il P., con noi una signora conosciuta la sera prima, durante la cena, con suo marito che questa mattina prima dell’alba, è partito con Marco Confortola, per scalare il gran Zebrù!
Sono un po’ provato, la giornata precedente si fa sentire, ma oggi si torna verso casa e perché no, verso nuove avventure…
Saluto gli amici, loro sono già a buon punto, ci ripromettiamo di rivederci lungo il percorso, “tanto tu vai veloce”, mi dice P., “ma se parti prima di noi, allora ciao, ci rivedremo quando passi dalle nostre parti nel comasco e fatti sentire nel caso!”.
Saluto e ringrazio, ma so che non è un addio, ma un semplice arrivederci, su altre strade, altri percorsi, altre vette…
Finisco la mia colazione praticamente in solitaria, torno in camera e mi preparo per l’ultima tappa, scendo e restituisco le ciabatte, recupero scarponi e bacchette nel deposito, saluto i gestori e parto.
Apro una piccola parentesi.
Un ringraziamento particolare, va ai gestori e a tutto lo staff del rifugio Forni, persone meravigliose e competenti che hanno reso il mio soggiorno in questo luogo, davvero magnifico!
Certo, diverso rispetto al V Alpini, in quanto albergo/rifugio e non un “tipico rifugio alpino”, ma comunque, mi sono trovato davvero molto bene, ottima la cucina, la crema ai funghi porcini, mangiata la sera precedente, e la gallina al forno erano davvero notevoli!
Degne di grandi chef.
Accogliente e pulita la camera, molto bello il panorama circostante e prezzi umani.
Insomma un’esperienza molto interessante!

Il sentiero parte a ridosso del Forni, proprio fuori dal deposito ed è subito in salita, un breve dislivello mi porta sul piano, permettendomi di riprendere il giro del confinale, quello ufficiale.
Quest’ultima tappa si svolge quasi interamente su dolce sali/scendi, a parte il tratto finale che scende deciso su strada agrosilvopastorale, dopo le baite di Cavallaro a quota 2168 mt slm.
E. e P. sono già partiti da un po’, a dirmelo è il gestore, quindi non mi resta che raggiungerli, la giornata è ancora una volta splendida e fa molto caldo, la fatica del giorno precedente si fa sentire sulle gambe, un po’ rigide.
La via segue la parte orografica destra della Valle dei Forni a mezza costa, una volta terminata la salita dal rifugio devia a destra in località Pradaccio di Sopra, questo primo tratto si svolge, su strada forestale molto agevole, il passo è veloce.
Poco dopo aver superato la località Pradaccio, incontro il rio Piscia Nera, uno dei due corsi d’acqua incontrati nel mio cammino, con acqua cristallina, la roccia del greto del rio è effettivamente scura, da lì probabilmente deriva il suo nome.
Proseguo su questa strada fino all’agriturismo Albes. Da qui è possibile scendere verso S. Caterina Valfurva, ma ovviamente la mia meta è un’altra e proseguo il mio incedere, passando finalmente ad un comodo sentiero montano, una bellissima “mulattiera” che attraversa un terreno di torba.
Precedentemente avevo incrociato un veicolo, un grosso furgone cassonato, con dietro un pannello solare, “urka” esclamo, “vuoi vedere che hanno finalmente creato la prima vettura a pannelli solari?!”.
Nulla di tutto ciò ovviamente, era solo un malghese che portava il pannello alla sua baita. Il bello è che, dietro al mezzo, un gigantesco maremmano teneva il passo con il veicolo.
La Valle dei Forni è, geograficamente parlando, esposta est/ovest, quindi il mio cammino procede speditamente verso ovest, un vero peccato per il discorso fotografico, la parte più interessante del panorama è decisamente alle mie spalle, controsole!

Di fronte a me la Val di Gavia, meta che raggiungerò in tarda mattinata per tornare in Valcamonica. E’ in pieno sole, altri panorami un po’ meno attraenti, rispetto a quanto visto fino ad ora.
L’impatto umano è ben presente in questa parte del percorso, la pastorizia è molto presente, lo sfalcio dei prati è ben visibile, c’è gran cura della montagna, almeno questa è la mia sensazione; anche le attività turistiche sono presenti.
Dai comignoli dei vari masi escono profumi di legna e formaggio, inondando il mio olfatto e facendomi venire un certo languorino!
La mia strada prosegue fino a località Confinale di Sopra, dove incomincio a vedere indicazioni per Niblogo, o almeno ci faccio finalmente caso.
Tra l’altro località molto frequentata, una serie di costruzioni, abbastanza sgarrupate, brulicano di persone, molto probabilmente pastori, ci salutiamo e vorrebbero offrirmi un caffè, mai li conosco.. dal caffè passerei al bicchiere di vino, poi all’amaro e quindi preferisco rifiutare cortesemente l’invito.
Ah quasi dimenticavo, poco prima ho finalmente raggiunto e salutato la E. e il P.
“Eccoti finalmente” mi dice P., “sai com’è” rispondo, “oggi si va con po’ più di calma, sono abbastanza provato e il cammino è ancora lungo, per il parcheggio”.
“Noi invece andiamo con calma, sai P. ama fotografare (grandissimo appassionato) e io ho il mio passo”, aggiunge E.
Sorrido, ci scherziamo spora, ci salutiamo amichevolmente e proseguo.
Dalla località Confinale di sopra alle Baite di Cavallaro, si affronta, almeno per me, il tratto più bello di quest’ultima tappa, passando in mezzo al Bosco di Presure.

Finalmente un po’ d’ombra e di frescura, il pino silvestre (credo) la fa da padrone, un intenso profumo di sottobosco pervade l’aria, si distinguono nettamente il profumo di rododendro, ginepro e mirtillo.
Anche la resina regna sovrana, m’intingo il dito e mi spalmo il prodotto sotto il naso, per aiutarmi a respirare meglio, il profumo è molto intenso e mi godo una breve pausa seduto su una roccia.
Massi “erratici”, antiche frane dolomitiche, sono sparsi ovunque in questo bellissimo tratto di bosco, ben piantate nel terreno e inglobate nella natura circostante, davvero magnifico, una cosa molto simile è possibile vederla in Val Genova (Adamello-Brenta).
Mi godo il momento chiudendo gli occhi e respirando a pieni polmoni, una sensazione meravigliosa, ma è ora di proseguire…
Raggiungo le Baite di Cavallaro e le indicazioni per Niblogo si avvicinano, anche se qui inizia il tratto di percorso che più ho odiato del tragitto!
Ormai la stanchezza si fa sentire e una ripida agrosilvopastorale, spacca ginocchia mi porta alle Baite di Pradaccio, me la sono fatta tutta, evitando tagli nel bosco anche perché ignorante dei luoghi, non sapevo dove sarei potuto finire.
Una fontana in legno mi spinge ad un vero è proprio bagno, m’immergo fino alle spalle sotto l’acqua corrente, incuriosendo una signora presente in una baita vicina.
“Buongiorno”, “Buongiorno anche a lei” rispondo. “Dov’è diretto?” mi chiede con fare curioso, “al parcheggio di Niblogo”, le rispondo, “Coraggio, ormai ha quasi finito”, scoppio a ridere; “si vede così tanto la stanchezza?”, “beh si è praticamente buttato nella fontana…”, riscoppio a ridere.
“Mi da qualche dritta in merito?”, domando e lei mi indica la strada da fare, ci salutiamo sorridendo.
Ad onor del vero mi aveva detto di tagliare per campi, ma ormai le energie erano quelle che erano e ho preferito proseguire sulla forestale.
Il bello è che mentre parlavamo, vedevo distintamente la mia macchina, in linea d’aria sarà stata a 500 mt, ma ovviamente la strada per arrivarci è stata più lunga, anche perché in mezzo, avrei dovuto sorvolare, il torrente Zebrù.
Così con ampie anse sulla forestale mi porto, tramite un ponte, in Val Zebrù l’incrocio mi è noto, in fondo l’avevo percorso solo due giorni prima ed è qui che incontro la famiglia Osbourne, lui era decisamente uguale…
Io arrivo in tutto il mio splendore, si fa per dire ovviamente, con tutto il mio incedere o quello che rimaneva, perfettamente attrezzato per il giro del confinale.
Lui pantaloncino corto, di un suo lontano parente che aveva fatto la prima guerra mondiale, zainetto Invicta a righe blu, roba anni ottanta e Superga, l’unica parvenza da camminatore, erano le bacchette.
“Buongiorno”, mi dice, “salve Ozzy” rispondo io, non coglie… “ Come?” mi dice perplesso, “Nulla, mi dica”, “senta, lei mi sembra esperto”, ”se lo dice lei”, rispondo, “Come?”, non ricoglie…”Nulla, mi dica”; “Quanto ci vuole per il rifugio Campo”, lo squadro attentamente, “Facciamo due ore e mezza!?”,”Davvero? Così tanto? Pensavo meno!”, “mi scusi, ma lei cammina?”, “veramente è la prima volta che passiamo di qui!”, “appunto” rispondo io, “Come?”, “niente signore, buona camminata e fate con calma non c’è fretta è solo mezzodì!”. “Grazie!”, “Prego; signore, signora, ragazzi, buona giornata”
Riprendo il cammino, manca davvero pochissimo, anche se avrei scaraventato lo zaino, in fondo al torrente, avevo ormai le spalle segate, vedo il parcheggio! Vedo la macchina!
Parte!
Chiudo questa terza giornata con 19,8 km, considerate che ci sono anche quelli legati al mio ritorno in Valcamonica e 5:35 ore di cammino. Volto lo sguardo alla Val Zebrù, da qui è partito tutto e qui sono ritornato, ringrazio con un profondo inchino.