2 Tappa dal rifugio V Alpini (2878 mt sl) al rifugio Forni (2178 mt slm)

La notte scorre tranquilla e riesco anche a dormire alcune ore, nonostante l’altitudine che solitamente mi impedisce il sonno, ma invecchiando dev’essere cambiato qualcosa…

Mi sveglio presto, sia per godermi “l’alba”, sia per riuscire a vedere la volpe Foxy ormai mascotte del rifugio. Pare che ogni tanto questo splendido animale passi da quelle parti a salutare gli astanti, ma non ho fortuna.

La sera prima avevo saldato i conti coi rifugisti, per comodità loro e mia, in modo da guadagnare tempo per la partenza. Oggi l’intenzione è quella di varcare la soglia di tre 3000 mt durante il mio percorso, in base anche alle informazioni ottenute la sera prima, dalla signora V.

Apro qui una piccola parentesi.

Un ringraziamento particolare lo devo ai gestori Elena e Michele e a tutto lo staff del rifugio V Alpini, persone meravigliose e competenti che hanno reso il mio soggiorno in questo luogo, davvero magnifico!

Passando dall’ospitalità alla cucina, dalla cura dei dettagli e all’occhio di riguardo per l’ambiante in relazione ai cambiamenti climatici.

Uso di pannelli fotovoltaici, smistamento di rifiuti portati a valle molto spesso sulle spalle, depuratore d’acqua, qui è ancora possibile farsi riempire le borracce senza problemi, con conseguente riduzione della plastica, prodotti equosolidali, sono solo alcune delle cose che queste splendide persone hanno adottato per la funzionalità del rifugio e della nostra vita!

Anche la sistemazione della strada, il sentiero che ci permette di raggiungere il rifugio ha permesso negli anni un uso sempre minore dell’elicottero, in funzione del trasporto manuale delle merci.

Bravissimi!

Alle 6:00 a girare per il rifugio ci sono solo io. La colazione è fissata per le sette, mi godo il panorama guardandomi attorno. Il Bernina è già illuminato dal sole e anche la cima del Confinale è già colorata.

Nel cielo i gracchi alpini volteggiano, cantando il loro saluto al sole, riempiendo l’aria di suoni e probabilmente salutando il sottoscritto, unica presenza umana, in quel frangente.

Mi nutro bene e dopo una bella lavata ai denti sono pronto a partire. Saluto i miei compagni di camerata, la signora E. e il signor P. che rivedrò la sera al rifugio Forni, i ragazzi del rifugio, il maratoneta e la signora V.

Affronto la discesa velocemente e ben presto affronto il traverso sul ghiaione sotto la cima Miniera, quello che nel tardo pomeriggio precedente, avevo notato alle pendici della vedretta del piccolo Zebrù.

Giro del Confinale
La traccia nel ghiaione a sinistra del rifugio V Alpini

Il passaggio è veloce, ma davvero suggestivo. Il risultato di continui crolli di roccia, con la conseguente formazione di questo ghiaione, stabile intendiamoci e sicuro, ma dove è sempre meglio, prestare attenzione!

Dopo qualche centinaio di metri, raggiungo terreni più stabili e qui il sentiero vira verso sinistra, costeggiando il profilo destro della valle per raggiungere il passo Zebrù, il primo dei 3000 mt che dovrò affrontare oggi.

La via in questa parte del percorso non è difficile, non siamo più su carrareccia, ma su tipico sentiero di montagna e ho la forte sensazione che sia stato sistemato (leggermente allargato), per poter permettere il ciclo turismo (mtb).

Il sentiero segue la parte orografica destra della val Zebrù, più o meno a mezza costa ed è davvero bello, forse la parte più bella del mio giro.

Giro del Confinale

La salita è costante, ma mai troppo faticosa, almeno per i tre quarti del tragitto, ogni tanto qualche strappo mi ricorda dove sto camminando, alzandomi man mano di quota altimetrica.

Cambia leggermente nell’ultimo quarto, facendosi più decisa, all’incirca da quando si affronta il breve tratto attrezzato di questo cammino (nulla di difficile). Alcune catene di sicurezza agevolano, volendo, questa breve parte del percorso, tutto questo a qualche chilometro prima del passo.

Giro del Confinale

Il tratto è davvero breve e piano piano, per “balze”, raggiungo il passo a 3005 mt slm. Anche qui il sentiero è stato allargato per il ciclo turismo, infatti ho avuto modo di incontrare due ciclisti, considerate che la pedalabilità del giro del confinale è circa al 73%, davvero alta!

Giro del Confinale

Salendo al passo Zebrù, vieni sorvegliato a vista dal gran Zebrù, si staglia lì, di fronte a te, imponente, maestoso, secolare.

Il sole crea dei meravigliosi giochi di controluce, sui profili delle crode e ad un certo punto noto il profilo di uno stambecco, un maschio adulto a giudicare dalle corna gigantesche e mi guarda, ruminando erba fresca di rugiada, l’osservo, ci osserviamo, ne distinguo solo il profilo, ma è ben nitido!

Mi segue con lo sguardo fino al mio arrivo al passo, dove rimango letteralmente folgorato dal panorama, di fronte a me le cime dell’Ortles e Cevedale, ne riconosco alcune, punta di San Matteo, monte Tresero, Palòn de la Mare, il monte Cevedale per citarne alcune.

Sono in sella alle due valli, Zebrù e Cedec, ho appena abbandonato la prima, per entrare nella seconda, in fondo alla discesa che sto per intraprendere vedo il rifugio Pizzini (2700 mt slm).

Velocemente raggiungo il rifugio, il tratto non è molto ed è rapido e mi fermo a bere un caffè, chiedendo informazioni sulla prossima tappa, il rifugio Casati, il secondo tremila della giornata.

Ottengo le informazioni da tre simpatiche signore che mi aggiornano sulla strada da fare: “c’è mai stato?”, “no!” rispondo, “attenzione che la salita è molto ripida” continuano loro, “va bene”, aggiungo io, mi adeguerò, sorrido e me ne vado ringraziando.

In effetti le tre grazie avevano ragione, dopo un primo tratto, nuovamente su carrareccia, incontro la salita per il rifugio Casati…, parte subito decisa e diventerà più dura man mano.

Durante la salita incontro svariate persone, la giornata è bellissima e in molti hanno affrontato il pendio, salgo comunque velocemente, anche se ogni tanto sono costretto a rifiatare senza mai fermarmi, ad un certo punto quasi alla fine vengo raggiunto e sverniciato da un giovane, lo ritroverò vicino al rifugio intento a farsi degli autoscatti.

Raggiungo il rifugio Casati (3254 mt slm) circa un’oretta e qualcosa dopo la mia partenza dal Pizzini, “non male” dico tra me e me, anche se un autoscatto mi mostra con la lingua di fuori per lo sforzo, ma non è finita, manca ancora l’ultimo 3000, la cima Solda.

Il giorno prima Marco Confortola mi aveva detto: “ascolta il tuo corpo quando vai in montagna, è davvero importante, se poi c’è anche la mente è tutto di guadagnato!”. Ok l’ho ascoltato e c’è! La cima si può fare!

Intraprendo la via, il dislivello non è molto, poco più di 100 mt, le gambe ci sono ancora e anche il fiato e così in breve sono in vetta, passando lungo i trinceramenti della grande guerra che in questo settore rappresentava in pratica, la prima linea di difesa del nostro paese, contro l’impero austro-ungarico. Latte e filo spinato, ormai arrugginiti, la fanno da padrone, è possibile vederne ovunque nel tragitto.

Giro del Confinale
Mi volto indietro: uno sguardo verso la Val Cedec

Il panorama dalla vetta è mozzafiato, le nuvole stavano giocando in cielo creando ottimi scenari da fotografare, il gran Zebrù è ben visibile con la sua croce di vetta, alle sue spalle sulla destra, rispetto alla mia posizione l’Ortles veniva coperto e scoperto da formazioni di cumuli nuvolosi che andavano e venivano scoprendone le vette.

Sulla destra la Val Solda, con quello che rimane dal suo ghiacciaio, in quel frangente intrapreso da un gruppo di escursionisti in cordata. Di fronte il monte Cevedale col suo ghiacciaio anch’esso ridotto ai minimi termini; era impressionante vedere i crepacci, sempre più evidenti, sul ghiaccio.

Sotto di lui sulla destra, dalla mia posizione in vetta, il rifugio Casati antica costruzione, con una terrazza in legno che ho avuto paura ad attraversare, ma per una birra questo ed altro! Sono contento di essere passato di lì, anche perché presto sarà abbattuto e rifatto. E’ ormai “pericolante” perché costruito, in pratica, sul ghiacciaio del Cevedale.

Sono curioso di vedere, come sarà ricostruito, tornerò a trovarlo.

Ridiscendo per la stessa via dell’andata, ben presto raggiungo il Casati, mi fermo a bere una birra ed è veramente impressionante camminare sulla terrazza, crollerà mi chiedo?

Nessun problema è molto stabile, compro anche una maglietta del rifugio, la stessa cosa l’avevo fatta al V Alpini, anche per la mia compagna.

Giro del Confinale

Per ogni rifugio fatto, se disponibile compro sempre la maglietta per ricordo e ne ho già collezionate un bel po’! Questo accade se al rifugio ci arrivo con le mie gambe.

Riprendo il cammino e onestamente inizio ad essere stanco; di strada ne ho fatta e di dislivello sia a scendere che a salire, pure.

Giro del Confinale
Vista sul Gran Zebrù

Durante la discesa al Pizzini incontro padre e figlia, vi ricordate il signore con un po’ d’ansia? Ebbene rieccoci…. Mi riconosce lei, io ormai ero in difficoltà e in carenza di ossigeno e gambe, scherzo naturalmente.

“Ciao”, “ciao a te!”, rispondo io, “dov’è tuo padre?” “E’ qui sotto, ma in sbattimento, perché ha paura di salire quel tratto con gli scalini e la corda!”.

Benissimo mi dico tra me e me, la saluto e scendo, nel mentre avevo incontrato un’altra coppia padre figlia e stavo scendendo con loro, chiacchierando allegramente su queste zone. Vedo il padre in stato avanzato di agitazione… “Ciao, hai bisogno di una mano per andar su?” “Oh, ciao” risponde lui, “No, non mi fido, mi fa paura quel tratto!”…

La faccio breve sia io che l’altro papà ci siamo offerti in tutti i modi di aiutarlo, ma senza risultati; come arrivava a ridosso di questi scalini tornava immediatamente indietro e nel mentre, tutta una serie di avventori che salivano e scendevano si offrivano di aiutarlo; alla fine eravamo circa un decina di persone ad invogliarlo a salire.

Ci abbiamo provato in tutti i modi, ormai era quasi arrivato, non mancava poi molto, ma purtroppo non c’è stato verso, peccato!

La discesa prosegue allegramente, la compagnia è divertente, ci separiamo al rifugio Pizzini, mangio qualcosa e riposo anche perché il tragitto è ancora lungo, l’idea è quella di andare al rifugio Branca, per poi, tramite carrareccia, andare al Forni.

Fortunatamente il riposo porta consiglio e giudizio e così decido di non fare il Branca, nel caso l’avrei fatto il giorno successivo, prima di tornare al parcheggio di Niblogo!

Così non sarà, ci tornerò un’altra volta…

Dopo il ristoro evito la carrareccia e mi inoltro per il sentiero panoramico, la strada più alta sul versante orografico destro della Val Cedec che porta al Forni, facendo benissimo.

Giro del Confinale
Sentiero panoramico visibile nei prati sulla destra della foto

La camminata si dimostra panoramicamente molto bella, in precedenza mi ero coperto anche perché era cambiata l’aria, diventando più fresca. Durante il tragitto ho incrociato un po’ di persone con cui avevo scambiato due chiacchiere al rifugio Pizzini.

Per lo più la Valtellina è frequentata da lecchesi, comaschi, noi ciuccia nebbia siamo ben pochi e spesso, per mettere i puntini sulle i, mi presentavo così, “ciao sono…. e sono un ciuccia nebbia!!”. E’ sempre finita bene, dopo un primo approccio campanilista, mi dicevano che ero un milanese anomalo! Potere della montagna…

I 500 metri di dislivello in discesa che mi separano dal rifugio Forni, non sono difficili, ma dopo una giornata così le gambe incominciano ad essere stanche. Muta il vento tornando ad essere caldo e questo mi permette di rimettermi in maglietta e smanicato anti vento.

Ormai sono solo, si sentono in alcuni tratti del percorso i fischi delle marmotte, lo scampanellio delle mucche e il vento che è il minimo comune denominatore di quest’ultima parte della seconda tappa.

Una sensazione di totale rilassamento pervade il mio corpo e lo spirito, rinfrancando la sensazione di stanchezza e ridandomi nuova linfa vitale e finalmente lo vedo, il Fürstenhof, com’è stato ribattezzato da me e Countrygirl.

Raggiungo finalmente il rifugio dopo 25,7 Km percorsi, 7:36 ore di cammino e svariati dislivelli fatti sia in salita che in discesa, precauzionalmente avevo prenotato, pagando un po’ di più, una camera con bagno.

La doccia è in comune e faccio pace col spone, mi dirigo in camera e crollo letteralmente nel letto dormendo come un pargolo per un oretta buona, mi sveglio abbastanza riposato e scendo per farmi una birretta rigenerante e meritata! E’ finita anche la seconda tappa… e invece no!

Ecco che rincontro il “Fò de Cò” (in dialetto bresciano significa “fuori di testa”, in senso buono ovviamente), un tizio che il giorno precedente si era presentato al rifugio V Alpini nel tardo pomeriggio, paventando di aver fatto la prenotazione, cosa che poi non era risultata vera e paventando di aver fatto un giro che credo neanche i più grandi scalatori di tutti i tempi, si sono sognati di fare! E’ finita che se ne andato a piedi fino alla baita del Pastore, prendendo un taxi jeep che lo ha riportato al rifugio Forni dove aveva la macchina, con somma gioia dei gestori del Forni che era due giorni che se lo smazzavano, con tutte le sue follie annesse!

Ovviamente abbiamo bevuto una birra insieme e nel mentre, mi ha raccontato le stesse follie del giorno prima e in aggiunta quelle dell’attuale giornata, alla fine l’ho guardato e gli ho detto “te se propri fò de cò!”. La sera stessa è partito, tornando a casa nel bresciano.

Come vi ho detto all’inizio di questa seconda tappa ho rivisto e mangiato con la signora E. e il signor P., loro hanno fatto un giro diverso dal mio, ma ci siamo ritrovati al Forni, come vecchi compagni d’avventura!

Si va a letto presto, sono sfinito, anche qui saldo subito il conto sempre con il bancomat, stessa cosa era avvenuta il giorno prima al rifugio V Alpini, altra cosa ottimale in questo favoloso giro.

Si conclude qui, la seconda tappa del giro del confinale, densa di emozioni, paesaggi e dislivelli, ma come dice un frase del grande Bruno Detassis  “Riposo non è riposo ma mutar fatica alla fatica è riposo”.

Buona notte!

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