La partenza

E’ un po’ che mi girava per la testa, già da qualche anno vado in vacanza in alta Valcamonica e Lui è lì, dall’altra parte del passo Gavia… bastava solo decidersi a valicare il passo e così è stato!

Una volta ottenuto il permesso dalla mia compagna, la Countrygirl, decido di partire.

Fisso le date e decido di intraprendere il giro in tre giorni, mi sembra un buon compromesso, vista la mia esperienza in montagna e le mie capacità di trekker.

Allora si parte! E’ il 2 agosto, la sera prima una bella colica addominale non fa presagire nulla di buono, ma ormai le prenotazioni erano fatte e… non restava che armarsi di pazienza, registrare il cervello e prendere la vettura, direzione parcheggio di Niblogo, punto di partenza del mio giro.

Decido di alzarmi alle 6:00, bevendo una bella camomilla arricchita con il miele, per le 7:15 sono già in macchina, si anche noi ometti siamo lunghi quando vogliamo!

La salita al passo Gavia è sempre emozionante, la strada è molto suggestiva e in alcune parti stretta, nulla di complicato basta prestare attenzione e non incrociare altri veicoli che a quell’ora del mattino di solito scendono con sprint!

Mi va abbastanza bene e poco dopo la famosa galleria, memorabile nelle tappe montane di ciclismo, ho la fortuna di vedere un piccolo stambecco. Di fronte ho la Val delle Messi, già illuminata dal sole ed è chiaramente visibile il bivacco Linge.

Siamo ancora sul versante della Valcamonica.

Poco prima, in prossimità della galleria, un Van tedesco parcheggiato attende un gradito risveglio, la giornata è veramente splendida!

Raggiungo finalmente il passo nella speranza di vedere un ermellino, a volte è possibile vederlo in prossimità del rifugio Berni, ma mi va male questa volta…

Inizio la discesa verso Santa Caterina Valfurva. E’ la prima volta che la faccio, la strada è decisamente migliore rispetto al versante della Valcamonica, il paesaggio è molto gradevole e di fronte a me ho il giro che andrò ad intraprendere, provo a immaginarmelo…

Passo Santa Caterina e arrivo al parcheggio di Niblogo (punto di partenza, per me) attorno alle 8:45, dopo aver perso la strada a causa di quel maledetto navigatore che mi stava spedendo per strade poco accessibili.

Quindi vi consiglio di proseguire per la strada statale dopo Santa Caterina, fino a San Nicolò, dove potete trovare indicazioni chiare per raggiungere, il parcheggio di Niblogo!

Una palina indica 1600 metri slm, però mi dico, ho circa 1270 mt +/- di dislivello da fare secondo le indicazionI del sito internet del giro del Confinale, per raggiungere il rifugio V Alpini dove pernotterò la prima notte.

Una gradevolissima costruzione in legno del parco nazionale dello Stelvio vi accoglie alle porte del giro, per chi decide di farlo da qui, con tanto di bar, gadget e volantini informativi sui vari percorsi da intraprendere sia a piedi che in mtb (o simili). Bevo un caffè corretto, così per darmi una sferzata, preparo le mie cose, mi metto gli scarponi, carico lo zaino sulle spalle e inizio il mio giro….

1 Tappa dal parcheggio di Niblogo (1600 mt slm) al rifugio V Alpini (2878 mt slm)

Inizio la mia solitaria, alle 9:00 del mattino, una palina mi indica 5 ore per raggiungere il rifugio V Alpini, ce ne metterò 3:30 nonostante la nottataccia e con grande stupore da parte mia, viste le condizioni alla partenza, ma so camminare…

Una carrareccia si staglia davanti a me e questa sarà la via da seguire, per tutto il tragitto fino al rifugio.

Entro in Val Zebrù.

L’agrosilvopastorale, è molto bella e molto ben tenuta, la nuova concezione di montagna porta alcune località montane ad intraprendere queste soluzioni per il turismo.

Non ho dubbi che in origine la strada esistesse già, ma è ben visibile l’intervento umano per migliorarne le condizioni, contribuendo al turismo di massa e garantendo un’alta fruibilità del territorio, spesso a discapito del fascino del tipico sentiero di montagna.

La strada è fortunatamente chiusa, possono accedervi soltanto “residenti”, addetti ai lavori e taxi (fuoristrada) per raggiungere le varie località presenti in valle, infatti durante il cammino ho avuto la “sfortuna” di incrociare qualche mezzo, uno scarrozzamento di turisti per i vari rifugi.

Nota decisamente positiva è invece il permettere a chi ha una disabilità, di poter fruire appieno di questi paesaggi e di tutte le strutture presenti in questo bellissimo giro.

Il percorso è lungo, alla fine della giornata il mio conta passi, abbastanza affidabile, mi segnala che avrò percorso 16,9 Km per un totale di 5:30 ore di cammino (Tutto compreso).

La valle è stupenda, la dolomia mi accompagnerà per tutto il cammino e le tracce del suo incedere nel tempo sono ben visibili, in più punti del percorso.

Ho avuto modo di incrociare tre bei mezzi (ruspe) che rimettevano a posto la carrareccia, probabilmente per il crollo della roccia dolomitica, nelle molte valli laterali che corrono perpendicolari alla Val Zebrù.

Questo è stato il liet motive dei primi due giorni, la fragilità della roccia, i danni da cambiamento climatico, le torride temperature estive e qualche temporale eccessivo hanno fatto crollare il già difficile “ecosistema”.

Era impressionante vedere le condizioni dei ghiacciai e ormai anche il permafrost, ridotto all’osso, sta causando in più punti della Val Zebrù, continui crolli.

Per tre giorni mi è capitato di vedere acqua cristallina scendere dai vari rii e affluenti, soltanto 2 volte, altri sono completamente scomparsi.

Desolante…

Il mio andare procede, la salita è lunga ma non faticosa almeno fino alla baita del pastore (2158 mt slm) poi si farà sentire, costeggio boschi meravigliosi e ben curati, un temporale nella notte ne esalta i profumi che invadono i miei sensi, il terreno è bagnato e butto un occhio attento, nel tentativo di trovare qualcosa d’interessante trai suoi pendii, ma senza fortuna..

Giro del Confinale
Baita del pastore e la mia visione di Mordor

Le gocce rimaste tra le fronde delle varie piante regalano giochi d’acqua, davvero notevoli.

Passo in località dai nomi tronchi Pecè, Zebrù, Pramighen, Plam nome curioso quest’ultimo (in forma dialettale pavese ha significato di voler qualcosa di dolce), dove ho la fortuna di ammirare lo sfalcio dei prati e la fienagione e il conseguente lavoro dell’uomo che in queste zone è ancora, o così sembra, molto vivo!

Il profumo di erba tagliata invade l’aria.

La valle si apre, in fondo si può percepirne la fine dove c’è il passo Zebrù, meta della mia seconda tappa a quota 3005 mt slm; sfilo tra pini Mughi alti come alberi.

Giro del Confinale

Non so per quale motivo, ma mi viene in mente il signore degli anelli, mi pare di vedere Mordor, mi capita spessissimo di vagare con la mente quando cammino.

Certo una Mordor molto diversa, verde innanzitutto, molto verde, più bucolica.

La fortezza di Barad-dûr me la sono figurata nella baita del pastore, il monte Fato diventano le cime i Castelli.

Breve pausa, una sorsata di integratore, e osservo la salita al V Alpini. E’ finita la pacchia mi dico, adesso si fa sul serio… il sentiero sempre su carrareccia si impenna decisamente e sarà così fino al rifugio; nulla di difficile per carità passo dopo passo si arriva ovunque, basta mettere un piede davanti all’altro, senza inciampare però!

Giro del confinale

Un gippone, sembra far più fatica di me nel salire, ma ha le quattro ruote motrici e le ridotte, gli rispondo col vibram dei miei scarponi!

Di fronte a me lo Zebrù o piccolo Zebrù, alla mia destra la cima Miniera, mi accompagneranno come due gendarmi fino al rifugio, durante il tragitto osservo un misterioso individuo (vi svelerò in seguito), parcheggiare a lato della strada contro un masso la sua moto da trial e incominciare a salire per bricchi (tipo camoscio) per dirigersi al V Alpini. Rimango stupefatto dalla facilità del suo cammino e ammirato dall’eleganza, sembrava proprio di vedere un bipede ungulato!

Arrivo con un sorriso stampato sul volto, felicissimo del risultato ottenuto anche se non sperato e faccio le presentazioni, “una birra per favore!”, mettendomi a parlare con altre persone conosciute nel mentre.

Intanto arriva zampettando lo strano individuo…

Il pubblico ne rimane folgorato, mmhh che strano alone di mistero c’è attorno a questa persona; vengo a scoprire di lì a poco che non è altro che Marco Confortola, figlio di queste terre e grande amico dei ragazzi che gestiscono il rifugio.

Oltre che grande alpinista, atleta, guida alpina etc. e, aggiungo io, gran bella persona simpatica e molto disponibile.

Gli faccio fare le sue consegne, era venuto a portare del pane e altri generi su al rifugio, e a scambiare chiacchere con altre persone, insomma ho atteso il mio turno.

Nel mentre entro in confidenza con due famiglie, una composta da tre unità, l’altra da due, pensavo si conoscessero da una vita, in realtà erano i rispettivi figli lei/lui ad essersi conosciuti pochi giorni prima.

Confesso alla madre del ragazzo il mio lavoro e ne rimane colpita, dichiarando: “caspita siamo saliti per vedere Marco e adesso troviamo un altro Marco che fa un lavoro interessante, potere della montagna”!

Punti di vista le rispondo e scoppiamo a ridere, ma tanto non vi rivelerò mai cosa faccio, di tanto ipotetico interessante!

Scambiando ancora due chiacchere, vengo a scoprire che il figlio ha appena dato la tesi di laurea verso fine luglio a Milano.

Nel mentre anche padre e figlia ascoltano il nostro cicolare. Lei una simpaticissima ragazza e lui credo sia la persona più ansiosa che abbia mai conosciuto, li rincontrerò anche il giorno dopo in Val Cedec, ma questa è un’altra storia…

Ps. persona fantastica questo papà, ma aveva le sue preoccupazioni…

Ok! E’ il mio turno con il signor Confortola, mi avvicino dicendogli: “mi hanno detto che tu sei Marco Confrotola, pare anche piuttosto famoso!”, sorride e ci stringiamo la mano.

Gli chiedo informazioni su quello che sto ammirando a livello di montagne e lui senza troppi disturbi mi fa il 360 gradi dei monti che sto guardando, ottimo ripasso per lui, frastuono mentale mnemonico per me.

Dopodiché fa a tutti noi una lezione di storia sulla prima guerra mondiale, sul V Alpini e sulle battaglie combattute, su queste montagne.

Si congedano tutti, i cinque famigliari, il signor Confortola ed altri; rimango con coloro che pernotteranno al V Alpini.

Viene annunciata l’ora di cena per le 19:00 e così decido di salire alla vedretta dello Zebrù con quelli che diventeranno, i miei commilitoni notturni.

Il sole per quanto ancora alto incomincia a colorare le pareti dolomitiche dandogli quel colore inconfondibile tipico di questa roccia.

Si sale fino alle pendici della vedretta a circa 2900 mt e dispari, con me ho come sempre la macchina fotografica, lo spettacolo da lassù e affascinante e solo allora mi rendo conto, dove mi trovo realmente.

Sotto di me su una terrazza, dove si erge il rifugio, tutto attorno dolomia, verso ovest in lontananza si scorge il Bernina anche lui ormai ridotto all’osso, a livello di ghiacciaio, impressionante….

Ammiro dall’alto dei cieli, volgendo lo sguardo sempre verso ovest la maestosità della Val Zebrù, lodandone la sua selvaticità.

Di fronte, dopo quello che rimane della vedretta, si staglia il piccolo Zebrù, alla mia destra nuovamente il Miniera, si intravede anche il gran Zebrù.

Alle mie spalle colui che da il nome a questo meraviglioso giro, il monte Confinale al suo fianco la cima della Manzina. Sulla sinistra il sasso Rotondo di Campo, cima Trafoi, cima Tuckett, solo per citarne alcune.

Giro del Confinale

Vengo richiamato dalla parola aperitivo, scendendo verso il rifugio, le foto scattate sono tante e solo allora noto un traverso che passa su un ghiaione dolomitico, frutto di una frana di qualche tempo prima, sarà la strada che intraprenderò la mattina seguente per dirigermi verso il passo.

Un aperitivo sulla terrazza naturale dove sorge il V Alpini non ha prezzo, dalla cucina nel mentre, regno incontrastato di un grande chef che ascolta anche dell’ottima musica, un profumino delizioso.

Faccio conoscenza con la signora V. persona fantastica che mi darà ottimi consigli sugli itinerari da percorrere il giorno seguente, è lei che mi consiglia di spingermi oltre fino alla cima Solda, passando per il rifugio Casati, meta già prefissata dal vostro selvatico.

Finalmente si mangia! Mi stavo auto digerendo… la brigata è ottima c’è la signora V., il maratoneta, la signora E. e il signor P. (gli ultimi due diventeranno compagni di pernotto anche al rifugio Forni).

Si va a dormire finalmente, dopo una splendida giornata passata con bellissime persone e la mia mente e dopo aver trascorso almeno un’ora a godermi il fresco notturno e uno splendido cielo stellato…

Buona notte!

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