CABINOVIA PEJO FONTI-RIFUGIO SCOIATTOLO-SEGGIOVIA DOSS DEI CEMBRI-RIFUGIO MANTOVA AL VIOZ
28-08-2024
Partenza: Cabinovia Pejo Fonti e Rifugio Doss dei Cembri, tramite seggiovia.
Arrivo: monte Vioz 3645 Mt slm
Dislivello: +/- 1360 mt circa.
Difficoltà: EE
Tipologia: A/R percorso che si svolge su sentieri montani, traccia, con tratti attrezzati con cavi d’acciaio e scalini metallici, a tratti può risultare esposto.
Altro piccolo sassolino dalla scarpa che riesco a togliermi. Mi accontento di poco lo so, ma era da tempo che volevo fare questa salita al Vioz, accessibile a tutti, prestando però molta attenzione.
Direzione cabinovia di Pejo Fonti.
Partenza sul presto, già alle 8:30 sono pronto a salire. Costo dell’operazione 23,00 euro per A/R, cosa che consiglio se non si vuole fare una gran sfacchinata.
Salgo solo, e il primo tratto arriva fino al rifugio Scoiattolo, dove già di buon’ora è pieno di gente. Per mia fortuna persone che rimarranno lì per tutta la giornata. Appena sceso una palina mi indica a dx la direzione per il secondo tratto in seggiovia che mi porterà fino al rifugio Doss de Cembri.
Attenzione…
Questa seggiovia ha fondamentalmente due problemi.
Il primo è che è bassa e quando arriva consiglio di sedersi velocemente, oppure, come è successo a me, vi prenderete una legnata ai polpacci con conseguenti lodi generali e dolori per buona parte della salita!
Il secondo è che è la seggiovia più lenta del mondo, probabilmente per il numero di feriti che causa la salita e quindi molto spesso rallenta o si ferma, interminabile!
Al contrario invece offre uno splendido panorama sia in salita che in discesa.
Nel mentre, quattro bocia (ragazzi) che scoprirò essere pugliesi al primo approccio con le alte vette, prendono la seggiovia davanti a me, mentre io salgo con un signore.
Vista la lungaggine del tragitto, ovviamente facciamo quattro chiacchiere e scopriamo di essere conterranei. Entrambi di origini venete, beh lui con un accento inconfondibile ed io solo per ragioni parentali.
All’arrivo al Doss, già si vede di fronte a noi il Dente del Vioz, molto più in basso rispetto alla meta e anche il rifugio che si staglia nel cielo terso di fronte a noi.
Ci salutiamo, ma ci rincontreremo più avanti lungo il tragitto.
Uno sguardo al panorama retrostante e si parte.
Il sentiero è evidente di fronte. Mi avvicino alla palina che non da indicazioni orarie e parto coi 4 ragazzi, tutti euforici per la loro passeggiata.
Quattro chiacchiere anche con loro, tutti giovanissimi, tanto che li ho ribattezzati tutti, miei figli. Loro corrono, selfano, strillano (anche un po’ troppo…), ma sono molto simpatici, mettono di buon umore, in fondo sono figli miei!
Do giusto un paio di consigli su come approcciare questo tipo di salite, anche perché vedendoli non avevano proprio la giusta attrezzatura per fare un percorso del genere e soprattutto poca esperienza, ma tanto testosterone da vendere.
Infatti dopo un po’ il “vecchio leone” li ha staccati, procedendo col suo passo regolare, ma deciso.
Fino a quel momento tutto bene, ma appena si è intraversato per passare sotto il Dente, le nuvole hanno incominciato a coprire la vetta, ahimè succede, è da mettere in conto in montagna e da quello che mi è parso di capire, lì capita sovente.

Nulla di grave sono ancora al sole e la giornata non è calda, almeno per ora. Proseguo su terreno che fin qui è molto agevole, sale costante, ma mai in maniera cattiva, sempre su roccia o roccetta. Non vedo ancora nessuno e questo mi fa ben sperare, non sarà così!
Arrivato a ridosso del Dente del Vioz, vedo la prima comitiva, in realtà a tratti alterni e per tutto il percorso ne incontrerò parecchie, una sorta di processione.
Ora, una delle regole è quella di far passare solitamente chi ha un passo differente dal tuo, buona norma quando si è per crode!
Non sempre ahimè è così, infatti la prima brigata, stenta a lasciare il passo non capendone il motivo e per un tratto mi sono accodato, ovviamente lo spazio per il passaggio c’era!
Arrivato ad un certo punto ho chiesto il permesso, cosa che odio un po’ fare, e nel sorpassare qualcuno, come sempre accade, mugugnava le solite ed inutili frasi del tipo “dove vuole andare questo qui?”, oppure “ma si, tanto poi esplode quando arriva in quota!”.
Che volete farci, lo ripeto ormai da qualche anno, la montagna non è per tutti e negli ultimi anni è anche peggiorata nell’approccio!
Proseguo silente godendomi il panorama,

quando con la coda dell’occhio vedo arrivare di gran lena un signore, tra me e me ho pensato di rallentare per far vedere come ci si comporta in montagna alla sedicente brigata, ma poi il saggio Yoda mi ha detto, “svuota la mente Luke”, un sorriso mi sfiora le labbra e proseguo il cammino.
Eccolo che arriva, ormai è vicino a questo punto rallento per farlo passare e toh!
Il mio conterraneo che da adesso si chiamerà M., “caspita che passo che hai”, gli dico e “anche tu non scherzi”, bene amicizia fatta e si sale insieme!
Amici del selvatico, vi assicuro che M ha un gran passo ho fatto fatica a stargli dietro in alcuni punti, tanto di cappello a lui, soprattutto perché è più Vecio di me.
Dopo il Dente del Vioz il percorso cambia,
si fa più deciso, nulla di preoccupante, ma incomincia ad arrivare anche l’altitudine, il sentiero serpeggia e sale, a volte fa di nuovo riposare la gamba e vi assicuro che stiamo tenendo una discreta andatura, ci siamo proprio trovati!
Alla nostra dx il panorama è davvero suggestivo, si vede chiaramente il lago Careser, con la sua immensa diga. Alle sue spalle la cima Sternai, lì siamo in zona rifugio Dorigoni. Ben visibile anche la cima Venezia, dove M gioca in casa.
Altro tratto impegnativo ed incredibilmente bello è quello che porta al Brik a quota 3200 Mt, con traversi esposti e catene di sicurezza, ma nulla di complicato, giusto per precauzione.

La mia guida alpina M mi dice: ”ci siamo, ancora 450 mt e ci siamo!”, direi il tratto più duro della salita arrivati a questo punto.
Ancora processione di persone davanti a noi, ma qui farci passare è più complicato, iniziano delle belle serpentine abbastanza “sghiose”, tratti con scalini metallici e tratti con cavo d’acciaio, ma appena possibile le varie comitive cedono il passo, altro spirito, altra gente di montagna!
La situazione metereologica intanto è peggiorata sempre più, superato il Dente e da poco prima del Brik, siamo ormai immersi tra le nuvole, il clima è cambiato e si avverte il freddo e l’umidità, ne danno conferma anche le rocce sul nostro cammino.


Parentesi
Anche qui… persone troppo inadeguate, con zaini inadatti e vestiario da lungo mare di Viserbella, privi dei necessari cambi.
E poi d’improvviso lo vedo, alzo finalmente la testa ad ora concentrata sul terreno per vedere dove mettere il piede e lì a pochi metri da me, si staglia il Rifugio Mantova al Vioz! 3545 Mt slm.

Dalla mia prospettiva risulta immenso e piccolo in realtà non è.
Due foto di rito e un respiro profondo. M è già partito per la cima e ben presto, sbanfando lo raggiungo e insieme arriviamo alla croce che non è il punto più alto.

In realtà il punto più alto e un palo metallico una ventina di metri più avanti e posto decisamente ad un’altezza diversa. Non ho ancora ben capito quale delle due sia la cima se quella pagana o quella cristiana, rimarrò con questa impasse!

M si gira di scatto e mi da il cinque ed io aggiungo “il Veneto ha conquistato il Vioz, in due ore e diciannove minuti, evviva il Veneto, Vecio!”
Su il panorama sarebbe splendido, ma le condizioni meteo mi permettono solo un breve scorcio di quello che ho attorno. M mi scatta le foto pagane/cristiane.
Ho tempo di vedere il Palon della Mare, la cima Link e in fondo il monte Confinale e il Miniera (si veda il mio racconto sul giro del Confinale).

Anche qui, resti evidenti della grande guerra e anche il sentiero fin qui percorso ne è la prova, poi arrivano le nuvole che minacciose stanziano definitivamente.


Si scende al rifugio Mantova al Vioz.
Mi saluto con M che rapido scende. E’ dispiaciuto dal fatto che non mi sia potuto godere il panorama, poco importa mi sono fatto un amico!
Entro a sbirciare il rifugio e a bermi un bel the caldo. Compro di rito la maglietta del rifugio, per la mia collezione personale, ne ho parecchie.
Esco a fumarmi una sigaretta e vedo arrivare due dei quattro figli, completamente infreddoliti.
“Avevi ragione Selvatico”, mi dicono sbarbellando “e non abbiamo molto per coprirci”!
“Entrate fate asciugare i vestiti nell’apposito deposito e fatevi un the caldo, poi se avete voglia e ve la sentite fate il resto”.
Li saluto e incomincio a scendere. Sono ben coperto, io.
Saluto doverosamente il rifugio, ad oggi il più alto mai fatto, monte compreso, e riprendo il mio cammino in discesa.
Dopo un po’ indovinate chi incontro? Ma naturalmente la sedicente compagnia! Saluto con il ghigno sulla faccia…
Dopo il tratto più attrezzato e dopo il Brik, le gambe si fanno sentire, ma migliorano anche le temperature. Sfilo i guanti precedentemente infilati, tolgo anche l’anti vento a manica lunga e proseguo spedito per la discesa.
Incontro ancora parecchia gente che sale, tenete presente che l’ultima discesa dal Doss è alle 17:00, mentre dal Rifugio Scoiattolo è alle 17:30!!!!
L’intento è quello di fermarmi al rifugio Doss dei Cembri a riposare un po’, magari all’ombra, ora il sole è piuttosto caldo, ma arrivato lì di ombra ce n’è ben poca e non ho francamente voglia di sedermi sotto gli ombrelloni del rifugio costretto ad ordinare una consumazione!
Riprendo quindi la seggiovia quasi subito, stando molto attendo a sedermi per tempo. Operazione riuscita perfettamente, ma come all’andata la discesa è interminabile, la seggiovia si sarà fermata almeno tre volte e rallentato quindici, un successo!
Tanto da farmi dire ad alta voce che ci avrei messo prima a piedi, facendo ridere un’allegra famiglia che stava salendo.
Unica nota positivissima di questa infernale discesa è l’avvistamento di uno scoiattolo, intento a zompettare vivacissimo tra le rocce, tutto intento al suo da fare di faccende affaccendato.
Al rifugio Scoiattolo l’idea di bermi un meritata birra svanisce in fretta. Un’orda di persone è presente in ogni dove e così prendo subito la cabinovia, caldissima che in breve mi riporta verso la macchina.
Conclusioni
3 ore e 49 di cammino effettivo su 4 ore e 41 in totale. Bellissima camminata, forse un po’ troppo frequentata, ma vale sempre la pena farla!
I dislivelli sono importanti e il percorso in salita e in discesa deve essere affrontato con la giusta attenzione. Vi ricordo che ci sono tratti attrezzati e che possono risultare esposti.
L’impegno fisico c’è, quindi non va affrontato senza il giusto allenamento e poi vi ricordo che siete in montagna, attenzione quindi all’equipaggiamento, il tempo cambia repentino!
Alla prossima.
IL Selvatico.