Introbio-Rifugio Grassi-Valbiandino-Introbio.
11-11-2022
Partenza: Introbio, Via alle Ville, prima della sbarra, per la salita in Valbiandino.
Arrivo: Introbio al punto di partenza.
Dislivello +/- : 1454 Mt slm.
Difficoltà: EE per dislivello e percorrenza.
Tipologia: Percorso ad anello.
Premessa
“Signor 0081 ti va di andare in Valbiandino? E’ una bella camminata c’è un discreto dislivello e poi tu non l’hai mai fatta!”. “Ok” mi risponde, “ma controllo le varianti”.
Ora… A questo punto uno si aspetterebbe un semplice, va bene così, mi accontento!
E invece, quando il Sig 0081 visualizza le varianti, aspettatevi almeno un aumento in fatto di chilometri e di dislivello, dai 300 ai 600 Mt in più! E questo come minimo!
Infatti…
“Ho trovato la variante”, mi dice sornione! “Partiamo sempre da Introbio (si veda il punto di partenza), ma facciamo il grande anello” o almeno qualcuno, così lo definisce.
“Perfetto”, aggiungo io, “vada per il grande anello d’Introbio!”.
L’anello passa per l’alpe di Foppabona e relativa bocchetta a 1985 Mt slm; Rifugio Grassi 2000 Mt slm circa; la bocchetta di Camisolo, da qui con il sentiero numero 40, si scende in Valbiandino, passando per il Rifugio Tavecchia e Valbiandino, posti uno a fianco dell’altro e con il sentiero del Bitto si ridiscende verso il punto di partenza.
Non male, mi dico.
Ci si accorda per la partenza, siamo in novembre quindi presto, attorno alle 6:30 del mattino.
Fa ancora caldo e troveremo una splendida giornata autunnale, per tutto il grande anello d’Introbio!
Il Sig.0081 arriva come sempre puntualissimo, c’è sempre con noi Ginger che mi accoglie come se non mi vedesse da anni, con grandi feste.
Partiamo
Al solito, prima di parcheggiare cerchiamo un bar, per bere un altro caffè. Lo troviamo vicino alla piazza principale di Introbio, vicinissimo alla chiesa. A quell’ora ci sono solo magütt (muratori) e noi. Ottimo il caffè rigorosamente corretto, anche perché il clima ad Introbio è più frizzante.
Parcheggiamo comodamente in Via alle Ville, adiacenti alla sbarra da dove parte l’agrosilvopastorale per la Valbiandino.
Al solito e come sempre, io sono pronto in due minuti, il Sig.0081, no, mentre Ginger ha già recuperato un legnetto.
Prima della sbarra, sulla destra salendo, una comoda mulattiera, vi permette di tagliare la forestale, facendovi guadagnare quota.
Durante il tragitto è possibile ammirare la bellissima cascata della Troggia, vale la pena fare una leggera deviazione dal percorso.
Al secondo incrocio con la forestale, si prosegue per qualche centinaio di metri svoltando a sinistra sulla carrareccia, fino ad alcune paline.

Qui si svolta a destra per la località La Piazza, raggiungibile da qui, in pochissimi minuti.
Si attraversa su carrareccia la località, passando tra due filari di reti verdi che delimitano alcune proprietà private. Finite le recinzioni, sulla sinistra, parte il nostro sentiero.

E’ la dorsale orobica lecchese, sentiero numero 27 che passerà per l’alpe Doggio, alpe Foppabona, Rifugio Grassi, così recita in maniera evidente la palina di riferimento!
Da qui in poi le cose si fanno serie
Il sentiero sale costante, attraversando un bellissimo bosco misto, in prevalenza castagno e faggio, una “irta mulattiera” ricoperta di fogliame scivoloso e ricci grossi come palle da biliardo; una gioia per noi e per la cana.
Il passo è scivoloso, bisogna fare attenzione a dove si mettono i piedi, in primis perché il fogliame copre eventuali insidie sottostanti, in secundis perché la via è resa viscida dal clima e da un terreno decisamente umido, spesso si slitta.
Di contro la povera Ginger deve fare i conti con i ricci di castagna, che da molti cani non sono amati, per fortuna la sua esperienza su questi terreni e il suo immancabile legno, la distraggono a sufficienza!
Attenzione a tutti gli amici che possiedono cani!
Si prosegue in salita superando una bella baita recintata, presso una strada sterrata. Proseguiamo sempre sulla nostra amata mulattiera, ignorando completamente la sterrata e dopo alcuni tornanti, si giunge alla bocchetta di Pianica.


Qui, dopo lo sforzo costante, finalmente ci si riposa. Un bellissimo sentiero in falsopiano circa 300 mt, forse qualcosa in più, attraversa la “conca della Pianica”, attraversando due piccoli torrentelli.
Ora, dividete per tre il numero 300 e avrete come per magia, in questo tratto di strada, una parte di bosco di betulle per i primi 100 metri, passando poi ad un bosco di faggi nei successivi 200 ed infine, a conclusione dei 300, è il larice a farla da padrone, il tutto in pochissimi metri, davvero fantastico!
Tutti e tre siamo rapiti da questi cambiamenti di boschi del tutto inaspettati e repentini.
In precedenza abbiamo incontrato anche un bellissimo pascolo infestato da felci, davvero un paesaggio meraviglioso.
Ma qui si riprende a fare sul serio…
Finito lo spettacolo, breve ma intenso che madre natura ci ha regalato, si riprende a salire, ma con la strana sensazione di essere costantemente osservati…
Era un po’ che sentivamo strani movimenti nel bosco e qualche belare, ma guardandoci attorno non abbiamo visto nulla, ad un tratto però ecco comparire sul terreno boschivo sopra di noi alcune capre.

Ben presto da poche bestie sparse, avvistiamo il gregge, brade e davanti a noi un bel quantitativo di capre orobiche (vedi descrizione) ci osservano incuriosite ed intimorite da Ginger.



Attimo di panico!
Ora… In queste situazioni l’atteggiamento del Sig.0081 si fa molto severo e serio, all’occhio inesperto può sembrare, decisamente folle. Il tutto è ovviamente fatto per tutelare il bestiame nel suo insieme, cane ed in questo caso, le capre orobiche; ogni mio tentativo di intromissione viene tacciato malamente!
Sicchè per sicurezza reciproca, se così si può affermare, Ginger viene posta tra lui e me e sgridata in continuazione se non rispetta gli ordini della fila indiana!
Fin qui tutto bene, siamo tutti d’accordo; senonché i becchi più prestanti ad ogni strillo di rimprovero e passaggio della povera cana tra il gregge, si avvicinavano abbassando il capo e mostrando le discrete corna, come monito in caso di errori, da parte nostra.
Di contro, io, emettevo i tipici richiami da pastore che ho imparato nel corso degli anni camminando per le terre alte, ovviamente non ottenendo, il risultato sperato!
Per fortuna è andato tutto bene
Proseguiamo sempre in salita, per un bel numero di tornanti. Ben presto ci lasciamo alle spalle il lariceto, trovandoci finalmente su sentiero aperto e cosparso di pietre, fino a raggiungere un pianoro erboso.
Qui il Sig.0081 si rifocilla, un po’ stanco dal tragitto fin qui percorso e da una notte non proprio riposante, io proseguo per evitare di raffreddarmi troppo, dopo essermi accertato che andasse tutto bene.
Ginger inizialmente mi segue, ma dopo poco, da buon cane pastore non sa più che fare; il gruppo si è disunito e il suo padrone è rimasto indietro.
Proseguo il mio vagare in solitaria, ogni tanto butto un occhio per vedere dove si trova il mio socio, supero uno zucco raggiungendo, un secondo pianoro.
C’è da dire che in questo tratto, la traccia non è proprio evidente, ma nulla di complicato.
Siamo ormai nel regno dell’alpe di Foppabona, i pascoli sono evidenti e la traccia è tornata evidente, sotto i piedi.



Ad un tratto vengo raggiunto da Ginger, felicissima di scorrazzare libera sul bellissimo prato erboso. Gioco volentieri con lei lanciandole il legno.
Sono in vista della bocchetta di Foppabona e in breve la raggiungo


il Sig.0081 a grandi falcate mi sta raggiungendo in fretta, ovviamente lo aspetto.


Da qui il Rifugio Grassi è in vista, alle sue spalle lo sovrasta il Pizzo Dei Tre Signori, la palina indica 30 minuti al rifugio.

Il sentiero è molto bello, la nevicata della settimana precedente ha lasciato qualche traccia, alcuni tratti sono ghiacciati, ma nulla di grave, attenzione comunque a dove mettiamo i piedi!
In breve siamo seduti ai tavolini, ammirando il panorama sulla valle del Borae (credo) e il Pizzo dei Tre Signori, attorno il Pizzo Camisolo, Cima delle Miniere, Zuc di Valbona e a fianco lo Zuc di Cam.

Dopo un breve riposo, prendiamo il sentiero numero 40, e tramite bocchetta di Camisolo, scendiamo verso la Valbiandino, dove incontriamo un’elegantissima signora di una certa età che in solitaria se n’era andata al rifugio, ma dal sentiero della Valbiandino, complimenti!
Facciamo un tratto di strada insieme fino alla casa alpina Pio X, posta su uno splendido pianoro erboso, un posto davvero meraviglioso!






Qui purtroppo la signora si accorge di aver dimenticato un indumento a Lei caro, nel punto del nostro incontro, poco sotto la bocchetta. Ci offriamo di andare a recuperarlo per lei, ma con grazia assoluta rifiuta la nostra gentilezza, “chi è causa dei suoi mal pianga se stessa”, aggiunge. Ci salutiamo.
Il nostro incedere prosegue fino ai due rifugi e in quello di Valbiandino, decidiamo una sosta, dove bevo una bella birretta assolutamente meritata.

Ci godiamo il panorama dalla terrazza del rifugio, ma ben presto, finita ovviamente la birra, si riprende il cammino, la strada è ancora lunga.
Superato il ponticello adiacente il rifugio che ci permette di valicare il torrente Troggia e prima di raggiungere il secondo, quello sulla carrareccia, deviamo a destra per il sentiero che costeggia il torrente, ma lontano dalla forestale.

Passiamo per la Bocchetta di Biandino e la stele eretta in memoria, della 55a Brigata Fratelli Rosselli.

La discesa, di suo, non è faticosa anche se discretamente lunga, soprattutto dopo i chilometri e il dislivello fin qui percorsi. Le gambe si fanno sentire e non c’è molta voglia di chiacchierare, almeno per un lungo tratto rimaniamo nei nostri pensieri.
Ginger invece non è doma e continua a voler giocare, ogni due per tre sono costretto a calciare il suo legnetto.
Passiamo per la fontana San Carlo e la Ginger beve copiosamente, quanta strada su quelle zampe!


Di li a poco si abbandona il sentiero e ci si ricongiunge alla forestale, all’altezza di una targa, sempre dedicata alla 55a Brigata, seguiamo la carrareccia fino alla vettura, dove la cana riceve, un copiosa tolettatura!


Alla prossima, il selvatico.
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