Rifugio Capanna Mara – Sentiero dei Faggi – Bocchette di Lemma e Palanzo
31-01-2023
Partenza: Alpe Prina 859 mt slm.
Arrivo: Monte Bolettone 1317 mt slm.
Dislivello +/-: 922 mt circa, per l’intero anello.
Difficoltà: E
Tipologia: Percorso ad anello.
Premessa
Giorno speciale oggi, per il selvatico, quindi decido di farmi un giro, per godermi a pieno la mia giornata speciale.
Riparto dall’Alpe di Prina, Alpe Crotto 44 se la cercate su google maps, si veda il mio racconto. (Alpe Prina-Monte Palanzone).
Ritorno nella bella Valle Piot, risalgo la via Monte Palanzone da Caslino D’Erba e parcheggio al solito a fianco del ponticello in legno, da dove avrà inizio la mia escursione.
Sono le 8.30 del mattino, l’aria è frizzante, ma tutto sommato la giornata è gradevolmente calda, anche se siamo in pieno inverno, sigh!
Partenza
Anche oggi sono solo, il Sig.0081 e la cana, hanno impegni!
Mi preparo in fretta e dopo un ultimo sguardo all’Alpe di Prina (Crotto 44), parto nella convinzione di ricordarmi il percorso, mi sbagliavo, nonostante l’abbia fatto abbastanza di recente.
Imbocco il sentiero, attraversando il ponte, direzione Monte Croce o Pusiano, Rifugio Capanna Mara.
Il cammino parte subito “deciso”, nulla di complicato, ben presto prendo quota serpeggiando sulla “retta via”, il bosco, un misto di faggio, castagno e nocciolo è ombreggiato e con qualche residuo di neve e ghiaccio, per le nevicate dei giorni scorsi.
Quando l’avevo fatto a ottobre, il sentiero era una distesa di foglie, ora invece e per fortuna, le cose sono cambiate.
Porto avanti lo scarpone, passo dopo passo, senza difficoltà, ogni tanto mi volto, posando lo sguardo sulla valle, osservando il punto di partenza, l’Alpe di Prina che ogni tanto, è ancora visibile in alcuni scorci, mi sono alzato abbastanza in fretta di quota.
Il percorso non è difficile nonostante alcuni tratti innevati o ghiacciati e spesso si riposa l’incedere, con tratti molto morbidi; presto ovviamente attenzione a dove metto i piedi, onde evitare spiacevoli scivoloni.
Il cammino prosegue su lunghi tratti scevri da insidie, ma verso la fine, siamo ormai vicini alla cresta, dove è sita la palina d’indicazione per il Monte Croce e Capanna Mara, ritrovo un lungo tratto innevato; per mia fortuna, la neve risulta abbastanza fresca.
Giunto alla palina, devio a destra sul “sentiero di cresta”, in direzione Capanna Mara, volendo con una piccola deviazione a sinistra, si può raggiungere il Monte Puscio o Croce, da dove è possibile ammirare un bel panorama.
Oggi non ho voglia di strafare, ve l’ho detto è un giorno speciale e quindi in falso piano, per cresta, mi dirigo subito verso il rifugio, lo raggiungo in breve tempo e anche qui trovo residui di neve e ghiaccio.
Attraverso il terrazzamento del rifugio, è chiuso, peccato mi sarei bevuto un caffè volentieri, sulla destra una sterrata mi porta in fretta sulla carrareccia che proviene dall’Alpe del Viceré, il Monte Bolettone è in vista ormai da tempo e giunto alla cartellonistica con scritto “BANANA”, mi dirigo sulla sinistra per intraprendere la salita, per il Monte Bolettone.
Probabilmente questo cartello, conteneva una mappa della zona (credo), ora, oltre alla scritta sopracitata è pieno di stemmi di vari gruppi CAI e non.
La scritta mi fa sempre molto ridere, mi ricorda i Minions. E’ una frase che ripetono spesso in uno sketch.
Evito la cresta, la direttissima per il Doss Maio, stando basso a “mezza costa” e in breve arrivo sul Monte Bolettone 1317 mt slm, dove finalmente incrocio alcune persone.
Una Skjaldmær o Shieldmaiden, letteralmente “fanciulla scudiero”. Nella mitologia norrena (diciamo vichinga) era una donna che aveva scelto di combattere come un guerriero. Spesso sono menzionate nelle saghe.
La vedo arrivare dalla direttissima dell’Alpe del Viceré per il Monte Bolettone, praticamente di corsa, saluta, si sistema un po’ i capelli, scatta qualche foto e riparte, il tutto in un breve lasso di tempo!
Il secondo è un ragazzo con un bellissimo cane, tutti e due molto simpatici, anche se l’amico a quattro zampe è un po’ terrorizzato dai miei bastoncini.
Mi spiega che è un trovatello e che probabilmente ne ha subite tante, per questo non ama il bastone, povero quadrupede!
“Potevo chiedere come si chiama il Vostro cane, il mio è un po’ di tempo che si chiama Libero”… cit. dalla canzone “Amico Fragile” di F. De Andrè, ma gli dico semplicemente che se vuole, può slegarlo, mi risponde di No.
Parentesi 1
Qui si potrebbe aprire una disamina sul fatto di tenere o meno i cani al guinzaglio sulle terre alte, nei parchi etc.
Lascio ad ognuno le proprie riflessioni sull’argomento, personalmente, sono per la libertà…
Sono convinto che il guinzaglio accenda la territorialità del canide, creando spesso situazioni particolari o almeno così mi è capitato di vedere nel corso dei miei cammini e qui altre parentesi infinite, sulla tipologia di razza, l’educazione ricevuta, il suo umore, l’indole e chi più ne ha più ne metta, insomma una vasta discussione.
Torniamo a noi
saluto una terza persona e mi dirigo per cresta, verso la Bocchetta di Molina, ben presto l’abbandono, troppo scivolosa causa neve e sto sul sentiero più basso a “mezza costa”, incontrando anche qui residui nevosi e ghiaccio che ogni tanto mi fanno scivolare per bene!
Per fortuna i bastoncini, poco cari all’amico quadrupede da poco incontrato, mi aiutano sul percorso e ben presto sono alla deviazione del mio percorso odierno.
Poco prima del mio arrivo, un cartello, posto su una palina, segnala la presenza di Vipera Aspis…
Parentesi 2
Cari selvatici, sono costretto ad aprire un’altra disamina! So che spessissimo questa bestiolina suscita un terrore tremendo, ma vi prego non uccidetele MAI, non sono pericolose come sembra. Sul web si trovano innumerevoli informazioni e video sull’argomento. State solo molto attenti, a voi e ai vostri amici a quattro zampe, ma niente omicidi!
Ritorniamo a noi
arrivo alla deviazione per il sentiero dei faggi, poco dopo il cartello Vipera Aspis, fatto qualche settimana prima col Sig.0081 e la cana, ma questa volta faccio il giro inverso.
Due settimane fa il sentiero era completamente libero, adesso invece è innevato e come sempre, alcuni tratti, presentano ghiaccio.
E’ un “lungo” percorso immerso interamente in faggeta, in falso piano, quindi molto riposante dopo i sali scendi fin qui fatti.
Collega la bocchetta di Lemma a quella di Molina e lo trovo davvero stupendo, penso sia magnifico in tutte le stagioni dell’anno!
Una delle cose che adoro di più nelle stagioni autunnali e invernali sono i rumori che il passo provoca sul terreno; il “cifciafs” sulle foglie secche e il “cronch” sulla neve.
Spessissimo mi diverto a calciare il fogliame addosso al Sig.0081, quando camminiamo insieme o a riprendere il mio incedere (faccio dei video) per girarli a mia zia che adora fin da bambina, questo soave rumore.
Quando c’è ghiaccio, mi diverto a vedere la mia compagna Countrygirl, spaccarlo, le provoca un’autentica sublimazione!
Il rumore del passo sulla neve, invece, provoca in me, una sensazione di totale rilassamento e un grande senso di libertà. Mi diverto con cose semplici!
Raggiungo finalmente la Bocchetta di Lemma 1115 Mt slm, e proseguo a sinistra per quella di Palanzo, la strada è ancora in falsopiano innevata e come al solito ghiacciata, ma tranquillamente calpestabile.
Proseguo sulla dorsale bassa evitando la salita al Pizzo dell’Asino, convinto di continuare su falsopiano e qui casca l’asino, tanto per rimanere in tema!
Il percorso anche se non difficile non è per niente piano, anzi, su agrosilvopastorale in alcuni tratti tende a salire, nulla di complicato, ma c’è sempre il fattore ghiaccio!
Su questa carrareccia ho trovato i tratti più infidi del mio tragitto, per lo più calpestabili, ma in alcuni tratti…
Uno in particolare, adiacente ad un rivolo d’acqua, mi ha creato seri problemi di stabilità, non ho messo i ramponcini anche perché il tratto da percorrere era veramente poco, ma andiamo con ordine.
Osservo attentamente la strada, guardo i lati per vedere se c’è qualche appiglio per il piede, nulla. Mhhhh.
Muovo i primi passi e fin qui tutto bene, mi sposto verso destra in direzione della staccionata e fin qui tutto bene…
Rimango attaccato alla staccionata per sicurezza e procedo con cautela, si scivola parecchio e poi l’errore, il fatale errore!
Mi stacco per un secondo dalla “balaustra”, muovo il passo e invece di andare avanti, incomincio a scivolare sempre più rapidamente indietro!
Non so come, sono riuscito a rimanere in piedi, facendo pure un christiania con i piedi, metri persi 3,5, mi tocca ricominciare da capo la salita!
Per fortuna tutto bene, dopo questo tratto infame, il sentiero spiana.
Raggiungo la Bocchetta di Palanzo 1210 mt slm e mi siedo su una roccia gelida a godermi il panorama, sulla sinistra, svetta il Palanzone.
Resto fermo alcuni minuti in un silenzio assordante a godermi i raggi del sole, di fronte a me la palina che mi indica la discesa verso l’Alpe di Prina.
E’ l’ultimo tratto del mio percorso.
La discesa finale
Col senno di poi la discesa della Valle Piot, verso l’Alpe di Prina, si può definire breve ma intensa.
Certo, facendola dalla vetta del Palanzone, è molto più faticosa; partendo invece dalla Bocchetta di Palanzo, si ammorbidisce un po’ il dislivello.
Si può dividere in tre tratti.
Il primo è abbastanza morbido e serpeggia nel bosco, un bellissimo bosco di castagno, alcuni ricci tardivi sono ancora presenti lungo il sentiero.
Il secondo è il più rognoso, si svolge su roccette e radici, con qualche gradino di legno, abbastanza pendente e con curiosi segnavia.
Il terzo tratto si svolge su forestale, dopo il superamento del greto di un torrente in secca.
Sono ormai alla machina, do solo un’occhiata all’Alpe Crotto 44, ma purtroppo è chiusa, peccato, anche questa volta niente formaggio di capra!
Alla prossima, il Selvatico.
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